martedì 30 aprile 2024

Lasciamoli morire!


Lo penso da tempo, e ne ho avuto lampante conferma in questi giorni: quando muore l'autore/l'autrice, se il personaggio è prettamente "suo" conviene lasciarlo andare insieme a chi l'ha creato e fatto vivere.
In questo caso si tratta di Agatha Raisin, l'investigatrice ideata da Marion Chesney celata dietro lo pseudonimo di M. C. Beaton. Ex agente di Pubbliche Relazioni pensionatasi in anticipo per realizzare finalmente il sogno dell'infanzia di andare a vivere nella bucolica bellezza dei Cotswolds inglesi, Agatha Raisin (dai romanzi è stata tratta anche una serie televisiva) acquista una caratteristica casa col tetto di paglia e si trova a risolvere a modo suo una serie di omicidi. Nel quindicesimo volume della serie apre un'agenzia privata d'investigazioni assumendo una ristretta ma efficace squadra di collaboratori tra i quali spicca la giovanissima Toni Gilmour che, con la sua bellezza acqua e sapone, accentua l'invincibile senso di inadeguatezza della protagonista sempre in lotta col girovita e i peli che le spuntano in varie parti del corpo. Agatha ha passato da poco i cinquant'anni e, anche se di avventura in avventura passano le stagioni e dunque gli anni, rimane ferma in quest'indeterminata età problematica.


Dopo aver letto qualche romanzo qua e là, innamorandomi subito della scrittura ironica della Beaton, ho pian piano collezionato tutti i volumi della serie (una trentina). Per fortuna, da anni leggo sul Kindle di Amazon che fa quotidianamente offerte a prezzo stracciato - 2 o 3 euro a volume digitale - e la casa editrice Astoria ha messo in vendita con questa formula uno dopo l'altro tutti i libri della serie permettendomi di completare la serie con pochissima spesa. Così, qualche settimana fa, ho affrontato una "marathona Agatha Raisin" leggendo e rileggendo tutti in fila i volumi della collana.





Qualche anno fa la Chesney/Beaton ha cominciato ad avere problemi di salute e si è fatta aiutare nella scrittura da R. W. Green che, alla morte della scrittrice, le è subentrato.
E il piacere della lettura è subito scomparso.


Già quando Green ha cominciato a dare una mano, "l'atmosfera" delle storie aveva cominciato a cambiare, anche se la supervisione dell'autrice riusciva a mantenerla sostanzialmente in carreggiata. Con la sua scomparsa è andato tutto all'aria: la grintosa, polemica, rabbiosa, aggressiva, complessata investigatrice ha cominciato a diventare più gentile; i suoi burrascosi rapporti con l'altro sesso destinati ogni volta a finire in baruffa e frustrazione hanno cominciato a prendere toni da quasi-romanzetto rosa; l'umorismo della scrittura si è annacquato fin quasi a scomparire.
Per fare una riprova, dopo essermi sciroppato di malavoglia due volumi del sostituto, sono andato a rileggermi il breve prequel scritto dalla Beaton verso metà serie, e la magia è ritornata potente!


C'è poco da fare: quando un personaggio è così legato a chi l'ha partorito, è quasi impossibile farlo portare avanti da un'altra persona. Il carattere di chi scrive, il suo stile, il suo modo di raccontare cambia da un autore/autrice all'altro, e anche se il subentrante fa del suo meglio per restare aderente al lavoro del predecessore, è molto, molto difficile che ci riesca.
Green, poi, oltre ad avere una scrittura molto diversa dalla Beaton, non ha neppure "fatto i compiti": ha cambiato il nome dell'agente Peterson in Peters; ha fatto ritornare in azione la Società delle Dame di Carsely (il paese immaginario dei Cotswolds dove è andata a vivere la Raisin) che la creatrice della serie aveva fatto chiudere già da un po'; fa mangiare ai gatti di Agatha cibo in scatolette, mentre una delle caratteristiche del personaggio era che per sé riscaldava nel forno a microonde roba surgelata, mentre alle sue bestiole cucinava pesce fresco... e via elencando.
E' normale che l'editore, quando ha in mano una serie vincente, sia portato a proseguirla affidandosi a nuovi autori. Questo succede anche nel mondo del fumetto, e ne so qualcosa io che ho continuato per undici anni la collana di Zagor.


Certo, in una produzione seriale da edicola le cose sono un po' diverse, visto che fin dall'inizio c'è quasi sempre l'apporto di diverse teste e mani. Nel caso dello Spirito con la Scure, addirittura, si potrebbe dire che - se accettiamo la teoria di Sauro Pennacchioli sulle origini del personaggio - lo stesso Sergio Bonelli era un continuatore del più ingenuo Zagor ferriano. Quando però l'apporto di un autore, anche all'interno di una serie a più mani, è segnante (penso a Jacobs, a Goscinny, al citato Bonelli, al Magnus alanfordiano...), al momento della sua scomparsa o anche del suo semplice abbandono meglio sarebbe fermare la produzione e passare ad altro.




Quando non lo fa l'editore, talvolta lo fa il lettore, smettendo di seguire la collana.
E' quello che farò io con le avventure di Agatha Raisin. Caro signor Green, non leggerò altre sue malriuscite imitazioni.







sabato 20 aprile 2024

Sesso di carta

Tra gli anni 60 e i 90 l'Italia ha visto fiorire in "giornalini" e riviste, fotografiche e a fumetti, un gran numero di storie "vietate ai minori" passate da una connotazione blandamente sexy all'erotismo più spinto, fino ai limiti della pornografia.
A un certo punto, con la forza delle immagini in movimento "dal vero" videocassette e siti internet hanno fatto piazza pulita di quelle pubblicazioni.
Solo in anni recenti, prima grazie all'opera di Luca "Laca" Montagliani che ha cominciato a produrre albi con storie inedite dei più noti personaggi di quegli anni e anche di totalmente nuovi come Suspiria, e poi all'Editoriale Cosmo che li ha riportati in edicola in una apposita collana ormai giunta al trentesimo numero, il "sesso di carta" è tornato a farsi vedere.



Se eroine dell'eros come Zora, Sukia e Biancaneve sono così diventate di nuovo disponibili per lettori e lettrici, mancava però una rivista dedicata all'erotismo. Adesso c'è anche quella.
Si chiama Fuckzine e si presenta come "la nuova rivista erotica italiana, indipendente, non periodica, autofinanziata". La guida con cipiglio e convinzione Tonia Gentile, curatrice anche su Facebook della relativa pagina e del gruppo Facebook Erotismo Fumettoso


Diamole un'occhiata.
Intanto, è di grande formato (21x29,7), stampato su buona carta, ha un centinaio di pagine e una bella grafica.
Quanto ai contenuti, il primo numero ospita una dozzina di storie a fumetti, un racconto, una poesia, un'intervista e varie illustrazioni. La qualità dei materiali è mediamente passabile, con qualche debolezza ("Masturbazioni aliene" di Vixx) e qualche ottimo lavoro ("Storia di lui e lei").




Nel secondo numero la qualità dei disegni cresce notevolmente, promettendo di rinverdire i fasti delle migliori riviste del settore, come Blue.











Ma l'importante è rispondere alla domanda: con l'evoluzione sociale e tecnologica degli ultimi decenni, ha ancora senso fare una rivista erotica cartacea?
Dal punto di vista editoriale e commerciale è ovviamente un grosso punto di domanda, ma dal punto di vista del pubblico, direi di sì. Per quanto attrattiva possa essere l'offerta in video, anche in questo campo il fumetto (e l'illustrazione) ha motivo di esistere, perché l'erotismo di carta ha una valenza tutta sua, un modo particolare di arrivare al fruitore e di "parlargli", perciò... benvenuta Fuckzine


Dove trovare la rivista? E' disponibile in libreria, in tutti gli store online oppure su YouCanPrint.



Il Fumo delle colpe


Nascevano gli anni novanta, e vedevano me e altri quattro soci (Paolo Di Pietrantonio, Bruno Dettoni, Leonardo Binato e Francesco Conchetto) affrontare un'impresa non da poco: portare in edicola, con quattro soldi di capitale iniziale, una rivista che riuniva la defunta fox trot! e la claudicante Fumo di China, entrambe carenti prima di tutto di collaborazioni.
La nuova testata si presentava col logo rinnovato da me e Francesco (per gli amici e in arte semplicemente Conc) della fin lì fanzine/prozine gestita da Franco Spiritelli che, solo in un triangolo in alto a sinistra, richiamava anche l'esperienza della rivista di fumetti pubblicata negli anni precedenti insieme al citato Paolo e Stefano Casini.



Col viatico di Sergio Bonelli che ci aveva introdotti alla A. & G. Marco garantendoci la miglior distribuzione disponibile all'epoca, ci affannavamo a riempire quelle poche pagine d'una rivista di grande formato (quel 24x33 partorito ai tempi di Prova d'Autore e mai più abbandonato) che si occupava principalmente di informazione e critica sui fumetti ma ospitava anche brevi storie autoconclusive e strisce umoristiche.
Per gli articoli, all'inizio molti erano scritti dallo stesso Spiritelli che si celava dietro vari pseudonimi, finché "l'autorevolezza" della presenza in edicola non cominciò ad attirare nuove offerte di collaborazione. Per i fumetti, nei primi numeri ci eravamo arrangiati producendone in casa e raccogliendo in amicizia materiali da qualche collega. Io mi inventai un episodio ambientato nella Mosca dopo il crollo del muro di Berlino facendola interpretare a personaggi ispirati a Walther Matthau e Glenda Jackson; Stefano Casini disegnò una storia su testo del sottoscritto che aveva invece per protagonisti John Wayne e Madonna e un'altra da autore completo ambientata nell'Africa coloniale.




Non so per quali strade ci arrivarono anche una storia di Salvagnini/Cavazzano e un'altra di Rinaldi & Rinaldi.
Il Conc, che curava grafica e colori delle copertine, si era imposto de facto come art director della rivista, e nei primi agitatissimi tempi (ci muovevamo abbastanza a tentoni, ritagliandoci il tempo per far uscire la rivista in mezzo ai nostri altri impegni professionali) mi "obbligò" a effettuare alcuni interventi sui materiali che ci arrivavano. Uno riguardò la pubblicità in quarta di copertina del felsiniano Dylan Dog Horror Party per la quale ci era stata inviato (da chi? Probabilmente Roberto Ghiddi) un disegno, mi pare, di Castellini "scarabocchiato" su un tovagliolo di ristorante. Francesco lo "bocciò": impubblicabile, e mi spedì alla Bonelli a pietire un qualsiasi disegno dell'Indagatore dell'Incubo un po' più "professionale". Sergio borbottò giustamente che se si doveva guardare alla qualità, l'intera rivista non è che brillasse per bellezza grafica. All'epoca si impaginava ancora su carta incollando le strisciate di testo fotocomposto e tirando le linee di divisione manualmente o con gli appositi trasferibili Letraset, e le pagine erano davvero spartane. Comunque mi fece dare uno splendido disegno di Angelo Stano, e il giornale andò in stampa.
Conc intervenne anche sulle due storie succitate. Secondo lui non funzionavano, e mi "costrinse" a correggerle/riscriverle. Di quella di Cavazzano credo di aver realizzato pure il lettering sulla base del testo "risistemato". Se penso quanto odio che qualcuno metta mano sulle cose che scrivo, quando sono da me firmate, mi vergogno come un ladro per gli interventi effettuati su quei racconti, ma era un momento strano in cui si lavorava con grande agitazione e confusione. Per fortuna poi Conchetto (che nel periodo iniziale usava una stanza della redazione come camera d'albergo) chiamò a Milano la famiglia e si trasferì in un appartamento e i suoi "interventi" vennero automaticamente meno, così che nessuno mise più mano a tutte le storie dei nuovi autori che Fumo di China/Foxtrot, nell'opera di scouting che si era trovata automaticamente a svolgere, aveva cominciato a portare alla ribalta, dalla Vinci a Enoch, a Chendi, a Leandri, alla coppia Memola-Marzìa e altri.






La "colpa" commessa nei confronti del lavoro di Salvagnini è riaffiorata in questi giorni in occasione dell'uscita del volumetto della Cosmo dedicato a Smalto & Jonny che ospita (finalmente nella sua versione originale) anche il racconto di cui abbiamo parlato.


Sono contento che l'editoria offra spesso una seconda chance a storie che per un motivo o l'altro hanno subito in passato qualche torto, e colgo l'occasione per cospargermi il capo di cenere e chiedere scusa a Salvagnini per la manomissione perpetrata a suo tempo. 








  

domenica 7 aprile 2024

Il Dante in gioco


Qualche tempo fa mi è venuta l'idea di fare un gioco da tavola col Dante delle mie strisce umoristiche.
Non sono un creatore di giochi. Non avevo nessuna speranza (e nemmeno intenzione) di creare il gioco più originale e di successo del nuovo secolo. Tutto quello che m'interessava era fare un gioco abbastanza tradizionale ma in salsa fumettosa con Dante, Virgilio, Minosse e i cerchi e gironi infernali a fare da sfondo. Un altro modo, dopo la versione a fumetti, per ripassare la Divina Commedia divertendosi.
La prima cosa che ho partorito è un gioco di percorso, una versione un po' più complessa e "didattica" del noto Gioco dell'Oca. Mi sono disegnato tabellone, pedine, carte, ho inventato un regolamento fitto di giochini collaterali da fare per superare ostacoli e procedere... e ho coinvolto figli e amici per giocarci e individuarne eventuali criticità. Dopo due o tre ritocchi grazie ai consigli di figli, con tutti suoi limiti e i pochi pregi il gioco ha raggiunto la sua forma definitiva e, giocato da mia figlia e alcuni suoi amici, ha regalato loro una serata di grande divertimento e risate. Tutto quello che volevo e che si potrebbe desiderare.


Però non mi sono accontentato, e ho provato a riformulare l'idea in altre versioni: in una, invece di dover arrivare a una destinazione (ovviamente, "a riveder le stelle"), ci sono da "conquistare" varie posizioni corrispondenti ad altrettante tappe del viaggio dantesco; in un'altra ci sono da riempire delle cartelle un po' come nella tombola; una quarta è un puro gioco di carte.







Elementi costanti di più o meno tutte le varianti, oltre al protagonista Dante, le virgiliane carte "Vuolsi così", le carte Contrappasso e le carte Minosse da prendere a inizio gioco per conoscere la propria destinazione infernale, come nel poema dell'Alighieri.
Il problema è che non essendo, come dicevo all'inizio, né geniali né originalissimi, è difficile (per non dire impossibile) trovare un'azienda produttrice di giochi da tavolo disposta a investirci; il fatto che siano comunque divertenti e basati su personaggi conosciuti e accattivanti non è purtroppo sufficiente. Per di più, altri hanno già fatto giochi da tavolo basati sulla Divina Commedia, sicuramente più adeguati ai tempi dei miei. Io, d'altronde, non ho più da anni (e non ho alcuna intenzione di riaprirla) una partita IVA che mi consenta di produrli in prima persona e commercializzarli, perciò ero ormai rassegnato a lasciarli nel cassetto.
Finché mia moglie, per far divertire la nostra nipotina, non mi ha spinto nei giorni scorsi a realizzare una spartana tombola illustrata per bambini. Ne avevamo acquistata una della catena danese Flying Tiger, ma aveva solo quattro cartelle e non ci si può giocare a famiglia riunita, così ne ho fatta "in casa" una versione con otto cartelle.



Parlandone su Facebook a inizio aprile, gli amici Claudio Castelli e Claudio Piccinini nei commenti mi hanno suggerito uno di ricorrere ad Amazon e l'altro di farne un "libro da ritagliare". Grazie ai due Claudii l'idea è così rientrata in campo finalmente pronta a giocare la sua partita.
Appena avrò tempo, studierò formato e composizione di un libro che contenga tutte e quattro le versioni del gioco, e magari pure una versione dantesca della tombola illustrata per i più piccoli, un Memory e cos'altro mi verrà in mente.
Se l'idea vi stuzzica... seguitemi qui e su Facebook (sia sul mio profilo che sulla pagina delle Edizioni Foxtrot), e se e quando il libro-gioco sarà pronto ve ne darò tempestivamente notizia.